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casa del thè
Casa del thè ( Chashitsu)
La tradizione iniziò con Rikyū, il “Santo del Tè”, 500 anni fa. E il suo spirito innovativo vive ancora negli chashitsu di oggi
La prima cosa che viene spesso in mente quando si pensa all’architettura giapponese è la casa del tè o stanza del tè (chashitsu). Queste sono emerse con lo sviluppo della cerimonia del tè (chanoyu o sadō) – una forma d’arte che esprime il sentimentalismo e l’estetica giapponese attraverso l’atto di bere il tè.
Il chashitsu, così come è inteso oggi, è ampiamente attribuito a Sen no Rikyū, il quale codificò le rigide regole del cerimoniale innovando gli spazi che erano già presenti nell’architettura giapponese. La stanza del tè detiene una posizione speciale nella tradizione architettonica del Paese e, ancora oggi, vengono costruiti molti tipi di chashitsu che la rispettano, seppur con contaminazioni contemporanee.
Origini della cerimonia del tè giapponese
Si dice che il tè fu introdotto in Giappone dalla Cina durante il periodo Heian (794-1185). La cultura di bere il tè era apprezzata sia dai nobili che dai monaci, ma non era consumato come bevanda occasionale piuttosto era considerato alla pari di un farmaco, per via degli effetti stimolanti della caffeina. Dopo che i monaci Zen portarono la coltivazione del tè dalla Cina al Giappone durante il periodo Kamakura (1185-1333), la tradizione di bere il tè si diffuse anche tra i samurai, i membri della classe militare.
A partire dalla seconda metà del periodo Muromachi (1336 -1573), una gara di degustazione del tè chiamata tōcha diventò un passatempo popolare tra i samurai, che erano noti per il loro comportamento stravagante. I partecipanti dovevano tentare di indovinare le varietà di tè che venivano servite mentre erano impegnati in altre attività frivole, come la poesia collaborativa o “a catena” (renga), nel kaisho, il tipico ambiente destinato a luogo di incontro. Anche se questi spazi non erano utilizzati esclusivamente per tale scopo, rappresentarono comunque le prime case da tè giapponesi.
Più tardi, si sviluppò la tradizione del salotto da tè (shoin no cha) con lo sviluppo dell’architettura residenziale tradizionale (shoin-zukuri). E a partire dalla fine del XV secolo, Murata Jukō e Takeno Jōō introdussero un nuovo stile di cerimonia del tè noto come wabi-cha. Prevedeva una “capanna di paglia” o stile “rustico” del tè che cercava di creare un “rifugio nella città”, offrendo un assaggio della campagna in un ambiente urbano.
Fu proprio la tradizione del wabi-cha a essere perfezionata da Rikyū nella seconda metà del XVI secolo, consolidando lo sviluppo di questa forma d’arte giapponese. I piccoli edifici e spazi che vengono in mente quando i giapponesi sentono la parola “casa del tè” provengono direttamente dalla stanza da tè sotto forma di capanna di paglia di Rikyū.
Requisiti per lo chashitsu
La casa da tè è uno spazio costruito appositamente per facilitare gli “incontri del tè”. Tuttavia, Il semplice possesso di quanto necessario per una cerimonia del tè non è abbastanza per creare una casa del tè. Oltre a soddisfare i requisiti funzionali per la cerimonia, lo spazio deve anche evocare la giusta atmosfera”.
La cerimonia del tè è intrisa della sensibilità del popolo nipponico nei confronti della natura; di conseguenza, le case del tè sono spazi che riflettono tali sentimenti.
Di fronte alla casa da tè tradizionale vi è un giardino denominato roji. Gli invitati lo attraversano percorrendo un sentiero di pietre, ammirando le piante e gli alberi, prima di lavarsi le mani in una conca di pietra piena d’acqua, ed entrare poi nello chashitsu.
Questa zona naturale all’esterno dell’edificio offre un piacevole avvicinamento allo spazio ultraterreno costituito dalla casa del tè.
Una delle principali caratteristiche della casa del tè in paglia sviluppata da Rikyū è l’ingresso per gli ospiti o nijiriguchi. La porta quadrata è così bassa e piccola che gli invitati non possono oltrepassarla senza chinarsi e scavalcarla .L’ospitante invece utilizza un ingresso diverso, chiamato sadōguchi.
Esistono diverse leggende attorno all’origine del nijiriguchi, si narra che la piccola entrata costringerebbe anche un generale a lasciare la sua spada sulla soglia per passarci attraverso. Così lo spazio interno si distacca a tutti gli effetti dalla realtà: gli ospiti lasciano al di fuori le rispettive condizioni sociali e interagiscono come se fossero tutti uguali. Si dice anche che entrare da una porta così piccola renderebbe lo spazio della stanza del tè più grande.
Per costruire una casa del tè o stanza del tè, si deve ricorrere all’aiuto di una vasta gamma di professionisti qualificati, tra cui: falegname, impagliatore di tetti, stuccatore, artigiano di porte (tategushi), produttore di tatami e giardiniere.
L’architetto Yasushi Iwasaki di Iwasaki Architecture Laboratory dice: «Il chashitsu è il prodotto della combinazione di tutte le arti tradizionali giapponesi. Piuttosto che considerarlo un’opera di architettura, può essere visto come il più grande degli utensili per il tè